Transizione 5.0: sotto i riflettori gli aspetti da perfezionare

Lo scorso 2 marzo è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il Decreto-legge 2 marzo 2024, n. 19 che ha istituito il Piano Transizione 5.0, con una dotazione di 6,3 miliardi attinta dal PNRR approvato l’8 dicembre u.s. nella veste revisionata sulla scorta dei principi di REPowerEU.

 

UN PIANO, TRE INCENTIVI SINO AL 63%

Il Piano ha introdotto incentivi, sotto forma di credito d’imposta, dedicati a tutte le imprese che, tra il 2024 ed il 2025, avviino e concludano progetti di innovazione da cui consegua una complessiva riduzione dei consumi energetici, direttamente correlata agli investimenti in beni materiali ed immateriali 4.0 di cui agli allegati A e B alla legge di Bilancio 2017 (l’allegato B risulta peraltro arricchito di ulteriori voci ai fini di Transizione 5.0), interconnessi al sistema aziendale di gestione della produzione o alla rete di fornitura. Il risparmio energetico deve riguardare la struttura produttiva o i processi interessati dall’investimento, rispetto ai consumi energetici registrati nell’esercizio precedente a quello di avvio di effettuazione degli investimenti, al netto delle variazioni dei volumi produttivi e delle condizioni esterne che influiscono sul consumo energetico.

Tale risparmio energetico costituisce sia requisito di accesso al beneficio sia condizione per l’eleggibilità degli ulteriori investimenti rilevanti nell’ambito del medesimo progetto di innovazione:

  • in beni materiali destinati all’autoproduzione di energia da fonti rinnovabili (escluse le biomasse) destinata all’autoconsumo, inclusi gli impianti per lo stoccaggio dell’energia prodotta,
  • in attività di formazione del personale dipendente erogata da docenti esterni, sino ad un massimo di 300.000 euro e nei limiti del 10% degli investimenti in beni strumentali. 

Il credito d’imposta è calcolato per ciascuna annualità, applicando alla somma degli investimenti eleggibili – nei limiti di 50 milioni di euro – le aliquote previste per scaglioni di investimento e a seconda del livello di risparmio energetico conseguito dal progetto di innovazione. L’agevolazione può giungere sino ad un massimo del 45% dei costi ammissibili e, in caso di impianti fotovoltaici particolarmente efficienti, addirittura sino al 63%. La fruizione in compensazione può avvenire in un’unica soluzione entro il 31 dicembre 2025; a decorrere dal 2026, il beneficio non fruito può essere compensato in cinque quote annuali.

La disciplina del Piano Transizione 5.0 dovrà essere completata nelle prossime settimane: manca il decreto attuativo da adottarsi entro il 1° aprile (30 giorni dall’entrata in vigore del Decreto-legge) e, inoltre, il Decreto-legge 19/2024 dovrà essere convertito in legge con scadenza il 1° maggio 2024. Qui di seguito si porranno in luce alcuni degli aspetti più rilevanti, auspicabilmente suscettibili di chiarimenti e perfezionamenti nell’ambito della disciplina attuativa e/o in sede di conversione in legge. 

 

LA FINESTRA TEMPORALE DI RIFERIMENTO: RETROATTIVITA’

Autorevole dottrina (cfr. Assonime – Consultazione 5/2024) collega la decorrenza della finestra temporale degli investimenti all’entrata in vigore del D.L. 19/2024 avvenuta il 2 marzo u.s. Secondo quanto riporta, invece, la Relazione del Governo sullo stato di attuazione del PNRR (DOC. XIII, n. 2) trasmessa il 26 febbraio 2024, la misura è strutturata come un credito di imposta a valere sulle spese effettuate dalle imprese nel periodo compreso tra il 1° gennaio 2024 ed il 31 dicembre 2025.

Il MiMIT ha ufficiosamente confermato l’ammissibilità degli investimenti effettuati anche dall’1.1.2024 all’1.3.2024, ossia prima dell’entrata in vigore del D.L. 19/2024, escludendo tuttavia gli investimenti ordinati antecedentemente al 2024, in nome del cd “effetto incentivante”, ossia l’attitudine dell’aiuto ad indurre il beneficiario a modificare il proprio comportamento realizzando attività che non avrebbe realizzato in assenza degli aiuti o che avrebbe realizzato in maniera diversa e più limitata. Come suggerisce anche Assonime, pare difficile negare che gli ordini effettuati dopo la decisione del Consiglio dell’8 dicembre 2023, che ha approvato la rimodulazione del PNRR e il Piano Transizione 5.0 all’interno della nuova Missione 7 finanziata da REPowerEU, facciano affidamento sul credito d’imposta 5.0. In ogni caso, il credito 5.0 è un incentivo di carattere generale non rientrante nel novero degli aiuti di Stato, pertanto appare oltremodo rigorosa l’applicazione del principio dell’effetto incentivante, di norma imposto solo in materia di aiuti di Stato. Tuttalpiù, se si volesse effettivamente valutare la necessità dell’aiuto affinché l’impresa realizzi un investimento che altrimenti non avrebbe realizzato, ad avviso di chi scrive, occorrerebbe considerare i riferimenti temporali di REPowerEU, che sostiene nuove riforme e nuovi investimenti, avviati a partire dal 1º febbraio 2022.

Nel D.L. 19/2024 non viene specificato se entro il 31 dicembre 2025 i beni debbano essere in funzione e, ove 4.0, interconnessi. Sul punto il MiMIT ha anticipato che è in valutazione una proroga per l’interconnessione, ma molto breve, in virtù della quale chi completerà il progetto 5.0 a fine 2025 potrà probabilmente interconnettere i beni ad inizio 2026 e fruire del credito in cinque quote annuali di pari importo.

Ferme restando le ridotte tempistiche di rendicontazione, in ragione degli accordi presi a livello comunitario, in linea generale, una disciplina eccessivamente rigida rischia di compromettere il raggiungimento dei target fissati nel PNRR, ossia la concessione di crediti di imposta per un ammontare pari al totale delle risorse destinate alla dotazione finanziaria della misura (6,3 miliardi di euro). Tutte le previsioni di spesa finora circolate appaiono probabilmente eccessivamente ottimistiche, soprattutto in considerazione dei vincoli molto più stringenti che stanno emergendo con riguardo al credito 5.0 rispetto a quelli vigenti sul precedente credito 4.0.

 

LA NOZIONE DI PROCESSO E STRUTTURA PRODUTTIVA

Come premesso, sono agevolabili gli investimenti in   beni   4.0 a condizione che, tramite gli stessi, si consegua complessivamente una riduzione dei consumi energetici della struttura produttiva localizzata nel territorio nazionale, cui si riferisce il progetto di innovazione non inferiore al 3% o, in alternativa, una riduzione dei consumi energetici dei processi interessati dall’investimento non inferiore al 5%. 

Secondo le anticipazioni del MiMIT, non è necessario che ogni singolo bene 4.0 agevolato compartecipi al risparmio energetico; è necessario, viceversa, che complessivamente il progetto, con riferimento ai beni 4.0, determini un risparmio energetico.

Essenziale sarà la definizione di “struttura produttiva” e di “processo”. Secondo la relazione illustrativa al D.L. 19/2024 “Per «processi interessati» si intendono i procedimenti tecnici, le fasi di lavorazione o le attività correlate e integrate nella catena del valore, che utilizzano delle risorse (input del processo) finalizzate alla produzione di un prodotto o servizio o di una parte essenziale di esso.”

Inoltre, a parere di chi scrive, all’interno di un unico progetto di innovazione, potrebbero essere ricondotti più processi. Per ogni processo occorrerà calcolare il risparmio energetico conseguito tramite l’investimento. Si applicherà, conseguentemente, l’intensità agevolativa corrispondente ai parametri (entità dell’investimento e classe di efficientamento energetico) che derivano dalla media ponderata tra i vari processi coinvolti. In tale ottica risulta opportuna una specifica perimetrazione del “progetto di innovazione” agevolabile.

 

RISPARMIO ENERGETICO: IL PARAMETRO DI RIFERIMENTO

Per le imprese di nuova costituzione, il risparmio energetico conseguito è calcolato rispetto ai consumi energetici medi annui riferibili a uno scenario controfattuale. Nulla è indicato per l’eventualità di introduzione di un processo diverso rispetto a quelli già in essere; il decreto attuativo potrebbe fare riferimento alle baseline per il calcolo del risparmio energetico fornite dal GSE nell’ambito dell’emissione dei certificati bianchi, così che siano già definiti i profili energetici per tipologia di processo. 

Il Decreto attuativo dovrà chiarire per quanto tempo è necessario il mantenimento dell’efficientamento energetico; verosimilmente, secondo le anticipazioni del MiMIT, si tratterà di un periodo di sorveglianza quinquennale, analogamente al periodo di sorveglianza previsto per la cd recapture dell’agevolazione in caso di cessione dei beni a terzi, destinazione a finalità estranee all’esercizio dell’impresa ovvero a strutture produttive diverse da quelle che hanno dato diritto all’agevolazione.

 

GLI ADEMPIMENTI PROCEDURALI: ex ante, in itinere ed ex post

Ex ante è prevista la presentazione in via telematica, attraverso una piattaforma ad hoc, di un’istanza, sulla base di un modello standardizzato messo a disposizione dal GSE, che comprende una comunicazione concernente la descrizione del progetto di investimento e il costo dello stesso ed una certificazione rilasciata da un valutatore  indipendente (al momento sono già stati individuati dal decreto gli EGE e le ESCO) circa la riduzione dei consumi energetici conseguibili tramite gli investimenti nei beni 4.0. 

In itinere, al fine di consentire la compensazione del credito maturato sulla base della spesa effettuata, mantenendo il profilo atteso delle compensazioni in termini di impatto sulla dotazione finanziaria, l’impresa comunica periodicamente al GSE la spesa sostenuta fino al completamento dell’investimento ammesso all’agevolazione, secondo modalità e termini da definire. Nella relazione tecnica al D.L. 19/2024 è indicato che “in base a tali comunicazioni periodiche è determinato l’importo del credito d’imposta immediatamente utilizzabile, comunque nel limite massimo di quello prenotato”. Come rilevato da Assonime, in base al tenore letterale della relazione tecnica, le imprese potrebbero forse ottenere liquidazioni provvisorie del credito, in via anticipata rispetto al completamento dell’investimento. Il D.L. 19/2024, invero, sembra tuttavia indicare che il credito di imposta sia utilizzabile esclusivamente in compensazione a partire dalla comunicazione di completamento dell’investimento

In linea generale, anche al di là dell’eventuale ipotesi di fruizione anticipata del credito, occorrerà definire cosa accadrebbe qualora l’investimento fosse realizzato in termini non coincidenti con quelli risultanti dalla comunicazione ex ante e quali sarebbero le relative conseguenze in merito alla fruizione dell’agevolazione.

Ex post, al completamento dell’investimento e comunque non oltre il 31 dicembre 2025, l’impresa ne dà comunicazione al GSE. Tale comunicazione deve essere corredata, a pena di decadenza, dalla certificazione di un valutatore indipendente (EGE/ESCO) attestante l’effettiva realizzazione degli investimenti conformemente a quanto previsto dalla certificazione ex ante.  Non è chiarito, allo stato attuale, se la certificazione ex post debba includere la certificazione del risparmio energetico effettivo, come eventualmente calcolarlo e come eventuali differenze debbano essere gestite.

L’effettivo sostenimento delle spese ammissibili e la corrispondenza delle stesse alla documentazione contabile predisposta dall’impresa devono risultare da apposita certificazione rilasciata dal soggetto incaricato della revisione legale dei conti, ma non è ancora chiarito se tale certificazione sia da allegare alla comunicazione ex post per dimostrare la spettanza del beneficio e quindi risulti necessaria per la sua fruizione.

 

LE ESCLUSIONI: IL DNSH

Si attendono chiarimenti anche relativamente alle esclusioni derivanti dal cd DNSH, ossia il principio di non arrecare un danno significativo all’ambiente, in nome del quale il D.L. 19/2024 indica che non sono in ogni caso agevolabili gli investimenti destinati, a titolo esemplificativo, ad attività nell’ambito del sistema di scambio di quote di emissione dell’UE (ETS) che generano emissioni di gas a effetto serra previste non inferiori ai pertinenti parametri di riferimento. Potrebbero potenzialmente rientrarvi numerosi settori strategici per il Paese, che sarebbe un errore penalizzare, come rilevato da Confindustria. Si auspicano aperture e, in ogni caso, indicazioni concrete delle attività escluse.

 

LA CUMULABILITA’

Il D.L. 19/2024 esclude, comprensibilmente, la cumulabilità del Credito d’imposta 5.0 con il Credito d’imposta per investimenti in beni 4.0, viceversa, appare controversa l’alternatività prevista dal D.L. tra il Credito d’imposta 5.0 ed il Credito d’imposta per investimenti nella ZES UNICA del Mezzogiorno. Secondo Confindustria quest’ultimo divieto rischia di penalizzare eccessivamente il rilancio degli investimenti e la riduzione dei divari di quell’area del paese.

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